Oggi parliamo di selfie e chi mi conosce, o ha imparato a conoscermi attraverso questo blog, lo sa bene: se un argomento mi colpisce, non posso fare a meno di parlarne. Accade sempre, sia nelle conversazioni più informali che nei pensieri della giornata. E spesso si riflette anche nei temi trattati qui, in quello che dovrebbe essere uno spazio dedicato al business, all’imprenditoria, alla crescita professionale.
A volte cerco un compromesso. Trovo un punto di contatto tra un evento lontano dal mondo imprenditoriale e una lezione che può essere applicata alle dinamiche aziendali. È il mio modo di esplorare argomenti che sento il bisogno di affrontare, anche quando sembrano distanti dal lavoro e dall’organizzazione d’impresa.
E oggi il tema è uno di quelli che lascia sconcertati. Non parlo di un fenomeno di mercato, di una nuova tendenza o di strategie di management. Parlo di un selfie. O meglio, di un atto che ha scatenato sdegno e polemiche.
Selfie e mancanza di sensibilità: quando il limite scompare
Ne hanno parlato tutti. Sui social, nei giornali, nelle conversazioni quotidiane. Durante l’apertura della camera ardente di Maurizio Costanzo, alcune persone hanno pensato bene di chiedere un selfie a Maria De Filippi.
Fermiamoci un attimo.
Un selfie. Con una vedova. Nella camera ardente di suo marito.
Chiunque abbia letto questa notizia ha provato la stessa sensazione di incredulità e disagio. Qualcosa di profondamente sbagliato è accaduto. Qualcosa che, a livello umano, supera il confine della decenza.
Ma qui non voglio soffermarmi sul giudicare l’episodio. Il web lo ha già fatto, giustamente, e non c’è bisogno di ripeterlo. La vera domanda che mi sono posto è diversa: dov’è il limite?
Selfie e perdita del confine morale
Il concetto di limite è una guida nella nostra vita. È quello che ci impedisce di oltrepassare certe soglie, di compiere azioni che violano il rispetto e l’etica. È ciò che ci trattiene dal commettere errori, che ci protegge dal mettere in difficoltà noi stessi e gli altri.
Di fronte all’episodio della camera ardente, è naturale pensare che il limite sia stato superato. Ma se per noi è ovvio, per coloro che hanno chiesto quel selfie non lo era. Per loro, in quel momento, quel gesto era normale.
Forse non si sono resi conto di quanto fosse inopportuno. Forse se ne sono accorti solo dopo. Ma il punto è che, in quel preciso istante, non hanno visto il confine. Non hanno percepito il problema.
E questo porta a un’altra riflessione: quali sono i limiti che non vediamo nelle nostre azioni quotidiane?
Selfie e limiti invisibili nel business
Nel mondo del lavoro, ci sono limiti che spesso non riconosciamo. Siamo immersi nelle nostre abitudini, nelle nostre convinzioni, nelle nostre strategie. E senza accorgercene, possiamo superare un confine che sarebbe meglio rispettare.
Penso ai miei colleghi imprenditori che lavorano senza sosta, senza concedersi pause, senza considerare il peso delle loro scelte sulla loro vita personale. O a chi gestisce il proprio team con un approccio iper-agonistico, con pressioni costanti, senza rendersi conto che sta alimentando stress e malcontento.
Penso a chi, nel nome del profitto, prende decisioni senza considerare il lato umano. A chi impone ritmi insostenibili ai propri collaboratori. A chi non si ferma mai a riflettere sulle conseguenze delle proprie scelte.
Esiste un confine sottile tra ambizione e ossessione, tra determinazione e insensibilità. Il problema è che non sempre lo vediamo.
Selfie e consapevolezza: il valore di fermarsi a riflettere
L’episodio della camera ardente è stato un campanello d’allarme. Un segnale di come, nella nostra società, stiamo perdendo la capacità di riconoscere certi limiti. E questo vale anche nel business.
Come imprenditori, come professionisti, dovremmo fermarci più spesso a chiederci se le nostre azioni stanno oltrepassando una soglia che non dovremmo superare.
Il successo non si misura solo in risultati economici. Un’azienda cresce davvero quando riesce a bilanciare profitto e rispetto, efficienza e umanità. E questo vale anche per il modo in cui trattiamo i clienti, i dipendenti, i collaboratori.
Fermarsi a riflettere non significa rallentare. Significa prendere coscienza delle proprie scelte, valutare se sono davvero giuste, comprendere se stanno danneggiando qualcuno.
Buon senso: la bussola da seguire
Nessuno è perfetto. Tutti possiamo commettere errori, possiamo non vedere un confine, possiamo oltrepassare un limite senza volerlo. Ma la differenza sta nella capacità di riconoscerlo e correggersi.
Il buon senso dovrebbe essere il nostro riferimento, sempre. Ciò che ci impedisce di prendere decisioni sbagliate. Ciò che ci aiuta a vedere un limite, anche quando non è evidente.
E questo vale in ogni contesto. Nel business, nelle relazioni, nella vita di tutti i giorni. Perché alla fine, la differenza tra chi costruisce qualcosa di valore e chi si perde per strada sta tutta lì: nella capacità di vedere ciò che altri non vedono e agire di conseguenza.
Non basta sapere, bisogna vedere
Un selfie può sembrare un gesto banale. Ma quando viene scattato nel contesto sbagliato, diventa simbolo di un problema più grande. La perdita del senso del limite.
E questa stessa dinamica esiste nel business. Se non impariamo a riconoscere i nostri confini, rischiamo di prendere decisioni sbagliate senza nemmeno accorgercene.
Come imprenditori, dobbiamo essere vigili. Dobbiamo imparare a vedere il confine prima di superarlo. E soprattutto, dobbiamo ascoltare quella parte di noi che sa già qual è la scelta giusta.
Perché alla fine, il vero segreto non è solo conoscere il limite. È avere il coraggio di rispettarlo.
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