Chi legge probabilmente dirà: l’ennesimo post sul festival di Sanremo! Ed è vero, almeno in parte.
Mi si permetta di indugiare nel preambolo: Sanremo mi ha sempre affascinato. Amo la musica come la maggior parte di noi, tolto questo però trovo il festival interessante sotto un buon numero di aspetti laterali: certamente la possibilità di ascoltare degli inediti da cantanti famosi è il quid principale, ma anche tutto il contorno sanremese merita interesse. Le interviste dei protagonisti, le conferenze stampa dei conduttori, dei dirigenti, le scalette, gli ospiti speciali etc
Immancabili poi le polemiche: quelle degli esclusi eccellenti, oppure dei personaggi del mondo dello spettacolo, se non addirittura della politica, che ben prima della messa in onda si affrettano a dire la loro su questo o quell’argomento. Dinamica che si amplifica in modo esponenziale dopo l’inizio del programma e quando, serata dopo serata, gli episodi per così dire “controversi” si moltiplicano inevitabilmente.
Chiarisco: non ho alcuna intenzione di entrare nel merito di nessuno dei momenti iconici che hanno generato dibattito sul web e sui giornali. A riguardo, mi limito a dire che il Festival di Sanremo è un grande spettacolo trasversale che, prescindendo dalle opinioni di tutti, trae il suo successo proprio da ciò che avviene sia quando l’orchestra inizia a suonare che quando è “silente”.
Detto questo, se dovessimo pensare ai momenti che storicamente generano maggiore controversia certamente ci verrebbero in mente i cosiddetti “monologhi”.
Per chi lo lo sapesse: si tratta di interventi speciali appannaggio solitamente dei co-conduttori della serata, o degli ospiti, che prendono uno spazio di una decina di minuti per parlare di un argomento.
C’è chi parla della propria vita o di un episodio particolare, chi fa una riflessione di attualità e chi invece punta sul sociale. Ognuno, senz’altro, mette il “suo” nel proprio monologo.
L’ha fatto anche Roberto Benigni, che nella serata di apertura ha offerto al pubblico e al Presidente Mattarella, che era presente, una acuta riflessione su un tema fondante per ogni italiani: la Costituzione.
L’occasione del suo anniversario è stata per il comico toscano un gancio per parlarne e porre tutta la dinamica della sua nascita in una prospettiva nuova.
Benigni pone luce su un aspetto spesso poco considerato: è vero che la Costituzione è nata in un momento in cui avevamo bisogno, voglia e ambizione di emanciparci da un passato violento e bellico.
C’era la necessità personale e sociale di ripartire e di farlo con un’impostazione democratica, come è giusto che fosse.
Questo però lo sappiamo tutti, quello che molti non sanno è che a costruire questa “carta” così importante sono state ben 75 persone.
Persone provenienti da partiti diversi, con idee diverse, passati diversi.
Persone lontane politicamente, socialmente, geograficamente.
I cui obiettivi e sogni probabilmente andavano in direzioni differenti e sarebbero continuati ad andare in direzioni differenti anche dopo quel momento.
Ma non in quel momento.
Non per la Costituzione.
Per un progetto di tale portata decine e decine di persone hanno messo da parte le loro differenze e hanno trovato un accordo per realizzare la traccia che i posteri avrebbero potuto seguire.
Un messaggio di coesione fortissimo che difficilmente non coglierà qualsiasi imprenditore che, nella sua azienda, si trova ad affrontare il peso delle differenze e delle frizioni.
Talvolta è importante comprendere che non è necessario cambiare o provare a cambiare chi abbiamo di fronte.
Non serve cercare di “plasmare” chi lavora con noi per avvicinarlo al nostro ideale di come dovrebbe essere una persona che lavora a un determinato progetto.
Quello che serve è unicamente un obiettivo: concreto, raggiungibile, ben comunicato.
È su quello che un gruppo di persone, che sia lavorativo o meno, deve essere insieme. È li che le differenze si abbattono. Ed è bene che per tutto il resto rimangano perché, parafrasando le bellissime parole di Benigni, è proprio nelle differenze che troviamo lo spazio dell’uguaglianza.