Ho deciso di inaugurare il blog del mio sito con un argomento che mi sta particolarmente a cuore: il passaggio generazionale.
Piccola premessa: come forse qualcuno saprà io stesso sono “nato e cresciuto” all’interno di un’azienda a conduzione familiare. Contesto tutt’altro che inusuale, se consideriamo che nel solo comparto delle PMI ben l’85% consiste in imprese familiari a tutti gli effetti.
L’ottantacinque percento. La quasi totalità delle piccole e medie imprese italiane. Aziende nate generalmente con pochi fondi, foraggiate più che altro dai sogni e dalle ambizioni dei loro creatori, che hanno prosperato grazie alla forza lavoro dei parenti più prossimi e che, a un certo punto, passano il testimone alla generazione successiva: figli, nipoti, e così via.
Passaggio generazione in azienda di famiglia
L’azienda della mia famiglia si occupa principalmente di distribuzione bevande per il Centro Italia nel circuito Ho.Re.Ca. Nel tempo sono nati nuovi rami d’impresa ma il core business è rimasto questo.
Oggi parliamo di una compagnia affermata e molto conosciuta sul territorio. Ma negli anni Ottanta, quando mio padre l’ha fondata, era niente di più che una piccola realtà di provincia.
Anni di lavoro e sacrificio collettivo hanno poi portato risultati: crescita, struttura, personale, partnership.
E tra quei capannoni, in mezzo all’andirivieni di corrieri, magazzinieri, contabili e addetti alla qualità, sono “nato” io.
Le virgolette sono d’obbligo, parliamo di nascita professionale. Ma pur sempre nascita.
Crescendo ho iniziato ad impiegare il mio tempo di adolescente, assolti i miei compiti scolastici, prima ad aiutare chi in azienda ci lavorava e poi subentrando io stesso.
Tutta la mia giovinezza è stata in fondo una sorta di preparazione al mio ingresso nell’azienda di famiglia, processo che sulla mia pelle ho conosciuto e del quale ho capito la complessità e, dettaglio non da poco, le grandi difficoltà.
Gestire un passaggio generazionale è infatti forse una delle sfide più complesse per un imprenditore, all’interno della quale confluiscono pensieri e sentimenti contrastanti, legami familiari, considerazioni professionali, possibili fraintendimenti o malumori nel personale, e chi più ne ha più ne metta.
Per inciso: le difficoltà sono a doppio senso. Le vive chi subentra così come chi deve passare il testimone.
Molto spesso capita infatti che il titolare d’azienda abbia difficoltà a “cedere” qualcosa di molto più impegnativo delle semplici “quote” dell’impresa: la propria infallibilità.
Perché il passaggio generazionale è un processo complicato
Un passaggio generazionale corretto richiede infatti uno sforzo culturale da parte del titolare, ancor prima che economico o professionale. Non si tratta semplicemente di ritagliare un ruolo apicale per i propri figli, ma accettare che insieme a quel ruolo dovranno assumersi anche le responsabilità delle loro azioni.
Quello che ho visto accadere spesso è invece l’esatto opposto: titolari d’impresa che cucivano sui propri figli ruoli manageriali dietro ai quali c’erano però sempre le decisioni del genitore. In questo scenario distorto i figli diventano dunque “figure di facciata” ma non di fatto.
Questa dinamica genera due problemi fondamentali: da una parte l’azienda perde opportunità di crescita potenziali generate dall’apporto innovativo delle nuove leve, impossibilitate a esprimere le proprie competenze interpretandole con un linguaggio o un approccio più moderno, in linea con la propria generazione.
Dall’altra parte, proprio la nuova generazione viene “bruciata” da un controllo eccessivo che gli impedisce di guadagnare credibilità rispetto a tutto il team aziendale, che assiste scettico e disilluso alla “giostra familiare dei piani alti”.
La stragrande maggioranza dei malumori tra i dipendenti di un’azienda deriva proprio da questo: la mancata affermazione della seconda generazione produce sfiducia nella squadra. Essa legittima la posizione di prestigio per soli “diritti di successione”, senza riconoscerne i meriti effettivi.
Allo stesso tempo la vecchia generazione, frustrata da un passaggio che non si concretizza in un reale vantaggio per l’impresa, torna ad accentrare sempre più dinamiche decisionali per cercare di correre ai ripari. Esattamente come faceva prima che subentrassero i figli o i nipoti.
L’aspetto anagrafico del passaggio generazionale
Questo è un problema, perché c’è un fatto ineluttabile che si riconduce al mero discorso anagrafico: il passaggio generazionale, prima o poi, avverrà. Che lo si voglia o meno. Visto da questa prospettiva il titolare ha quindi solo due scelte: “gestire” i propri successori come burattini e mantenere il centro di controllo fino a quando le forze glielo consentono (e “incrociando le dita” per quello che succederà dopo…). Oppure preparare adeguatamente le persone a cui passerà il testimone e sforzarsi di lasciar loro sperimentare nuove strade per interpretare vecchi modi di fare impresa.
Chi riesce in questo delicato compito andrà a far parte del 25% delle aziende che sopravvive al passaggio della seconda generazione. Un numero di per sé già incredibilmente basso che, senza i dovuti accorgimenti, è destinato che scendere ulteriormente nel prossimo futuro.
Argomento ampio, ci torneremo.
Al prossimo articolo e grazie del tuo tempo!